Il ruolo del Personal Trainer nel fitness e il non campo

Il fitness combatte quotidianamente con il non campo.

In Italia chiunque può fare il Personal Trainer: istruttori, coach, allenatori, nutrizionisti, medici dello sport, ex sportivi, fisioterapisti, osteopati, chinesiologi, massofisioterapisti, farmacisti e chi più ne ha più ne metta.

Se chiunque può fare questo lavoro è perchè, purtroppo, non è ancora evidente quante e quali qualità sono necessarie per poter assolvere a tale compito, delicato e alquanto complicato. Ci tengo a sottolineare che le figure professionali sopracitate, se capaci nella propria professione, non si avventurano a fare anche da Personal Trainer ma rimandano a chi di dovere, purtroppo tutta questa confusione e flessione il settore la subisce particolarmente rispetto ad altre professioni, poichè il settore stesso è in confusione data la giovane età, ma anche la complessità della materia che in realtà racchiude in sè più materie.

Se è vero che ginnastica e medicina si sono conosciute molti secoli fa, è anche vero che ad oggi neanche alle stesse scuole di settore è chiaro il percorso, tant’è che i percorsi formativi sono svariati: non esiste un percorso formativo completo, ma più scuole che mettono in piedi qualsiasi tipo di studio ritenendolo come esclusivo, ma purtroppo non è cosi.

Se da grande vuoi fare l’avvocato, il medico, il poliziotto, hai davanti a te una via già tracciata, non perchè lo ha fatto tuo padre e tuo nonno, ma semplicemente perchè il percorso formativo è chiaro a tutti, basta prendere nota e inizia la tua carriera. Purtroppo tutto questo non esiste nel settore fitness, settore fin troppo giovane, uno dei motivi che porta al non campo, cioè alla confusione generale.

Il Coni in questo ne ha buona parte delle colpe, dovrebbe occuparsi solo ed esclusivamente di sport di alto livello, professionistico e non di altro. Dalla facoltà di scienze motorie, che non da nessun contenuto al futuro Personal Trainer, ripassando per il Coni che ha confuso lo sport con la salute.

Il non campo equivale per il futuro personal trainer al non avere punti di riferimento dove possa formarsi e crescere professionalmente. Il non campo è la zona dove chiunque può buttarci qualcosa all’interno, perchè nulla è circoscritto, definito, esaustivo.

Certo il corpo umano, del quale ci occupiamo, è proprio così: con molte zone franche, ma i tempi sono più che maturi per mettere recinti, il non campo non può ancora essere il campo di chiunque.

Più che chiudersi in teorie fantastiche, ormai siamo capaci di creare robot. Quanto siamo avanti con le tecniche d’allenamento e di buona alimentazione, tanto siamo anni luce dietro sull’aspetto meramente organizzativo, se vogliamo burocratico, di regole che lo contraddistinguono. I tempi sono giusti per iniziare a fare distinzioni valide e riconosciute da quello che si definisce il settore per la salute legata all’estetica per eccellenza. Siamo in grado di creare mostri di salute e bellezza, ma non esistono regole che contraddistinguono tutto questo sapere da un altro, perdendo le menti più capaci, brillanti e disperdendo energie.

Sono solita scrivere rivolgendomi a chi non è del settore, oggi le mie parole sono tutte rivolte all’interno e non all’esterno. Per arrivare a definire ciò, occorrono regole interne ben chiare, non sovrapponibili: il personal trainer non può fare il coach e il body builder e assolutamente vale anche il contrario. Il non campo deve avere un campo definito, circoscritto, con un confronto reale con le altre figure professionali, con proprie regole interne ed esterne.

Il Personal Trainer per le persone è un punto di riferimento, al quale a volte confidare anche i propri tormenti, lasciarsi alle spalle le brutture della vita, perchè tanto lui è lì che ti incoraggia a fare meglio l’allenamento e quindi a fare meglio nella vita.

Noi rappresentiamo la forza, la vita, la voglia di farcela sempre e comunque, siamo sempre lì con il nostro sorriso impeccabile e la nostra fiducia incrollabile, che prima o poi qualsiasi nostro allievo riuscirà nel proprio intento.

Siamo noi, con i nostri silenzi, a tirare fuori dal guscio ogni capacità umana, la più recondita, la più labile. Perchè siamo noi e nessun altro ad avere questi requisiti, questa determinazione, questa capacità di rimanere in silenzio, senza disturbare la quiete (l’allenamento) della singola persona o della famiglia che ci accoglie, ma con gli occhi e la testa bassa sempre sull’obiettivo (i nostri occhi puntano sempre l’orologio) di chi si affida a noi.

Siamo noi, e solo noi, che sappiamo bene che dietro ad ogni obiettivo che il nostro allievo vuole raggiungere ci sono dentro tutte le speranze di una vita migliore e sappiamo bene di dover avere rispetto di quell’obiettivo, perchè è il racconto intimo di tutta una vita, di un’altra vita, diversa dalla nostra e per questo merita comprensione, la nostra ormai famosa empatia.

Alla forza incrollabile e alla determinazione di questo essere silenzioso e sorridente, capace di smuovere qualsiasi energia che possa avere l’umano, non può corrispondere un tale scempio organizzativo, senza etica professionale standardizzata o peggio ancora senza etica ove si annida una immoralità imbarazzante.

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